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03 novembre 2022

Caro-energia, 7.800 imprese del terziario in bilico

A rischio oltre 20mila posti di lavoro, secondo lo studio di Format Research per Confcommercio Toscana (che chiede interventi).

Senza misure per mitigare gli effetti del caro-energia in tempi brevi, in Toscana rischiano di chiudere per sempre quasi 7.800 imprese del terziario fra commercio, turismo e servizi, per un totale di oltre 20mila posti di lavoro che andrebbero perduti. E’ quanto emerge dall’ultimo osservatorio congiuntale sulle imprese del terziario condotto da Format Research per conto di Confcommercio Toscana, che invoca “supporti strutturali per affrontare l’aumento dei costi”.

Secondo lo studio di Format Research, presentato oggi a Firenze, la crisi delle forniture e il caro-energia in Toscana colpiscono 3 imprese del terziario su 4 (il 74%), e la maggioranza degli imprenditori di settore giudica inadeguate le misure prospettate per ridurre l’impatto economico del caro energia, come spegnere le insegne luminose e le apparecchiature non necessarie, regolare il termostato o fare turni di lavoro ridotti per contenere i consumi. Preoccupa anche il saldo tra imprese nuove nate e quelle cessate, pari a -531 nei primi nove mesi del 2022 in regione, a fronte di un +570 relativo al totale delle imprese di tutti i settori extra-agricoli. L’indice della fiducia generale degli imprenditori, su una scala da zero a 100, passa dal precedente 41 a 23.

Appello al governo per interventi strutturali

“Nonostante i nostri sforzi, nulla basta a ripianare i costi di gestione sempre più alti”, lamenta Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana, secondo cui i negozi che chiuderanno “lasceranno un vuoto a livello di servizi, di presidio del territorio, di socialità, senza contare il crollo del valore immobiliare e un impoverimento per tutti”. Da qui la richiesta al nuovo governo di interventi in tempi rapidi: interventi però di carattere strutturale, spiega l’associazione, e non ristori emergenziali sul modello degli aiuti nel periodo del Covid.

“Noi non vogliamo vivere di ristori, di aiuti”, conferma Cursano. “Gli eccessi che stiamo subendo – sostiene – non sono per responsabilità a noi imputate. Noi eroghiamo un servizio importante alla cittadinanza, e vogliamo solo essere messi nelle condizioni di poter operare in un modo sostenibile, perché quando gli eccessi energetici durante l’anno diventano 400, 500 volte il costo che noi possiamo sostenere, vuol dire dichiarare la morte delle nostre imprese. Se vogliamo rimettere le aziende nelle condizioni di svolgere la loro funzione sociale, di vissuto, di stile di vita, occorre che questi eccessi vengano portati strutturalmente in un contesto di sostenibilità. Questo vuol dire rimetterci nelle condizioni di pagare il giusto per le fonti energetiche che sono fondamentali per i nostri processi produttivi e distributivi”.

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