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17 ottobre 2023

“Con la crisi di Gaza costi dell’energia a rischio per le imprese”

Parla Lapo Filistrucchi, economista dell’Università di Firenze: “Problemi per chi ha contratti indicizzati di fornitura”.

Leonardo Testai

Lo scontro fra Israele e Hamas che ha per epicentro la striscia di Gaza, se si dovesse allargare ad altri paesi, potrebbe rendere di nuovo molto complicata la partita dei costi dell’energia per le imprese, in Toscana e non solo, E’ questo lo scenario tratteggiato da Lapo Filistrucchi, professore associato di Economia politica all’Università di Firenze, che non vede conseguenze negative immediate sul commercio estero della regione – Israele assorbe solo lo 0,47% dell’export toscano – né un calo significativo della domanda mondiale se il conflitto non si estenderà.

“La questione principale è quella dei costi dell’energia – sostiene Filistrucchi -, con problemi che si possono verificare a breve, soprattutto se ci fosse un allargamento del conflitto a paesi come il Libano e soprattutto l’Iran. Di fatto, con la guerra in Ucraina, abbiamo diversificato le fonti di approvvigionamento del gas. Siamo anche andati in Africa, comunque siamo andati in paesi dove non necessariamente le elite al governo stanno dalla parte dei palestinesi, ma l’opinione pubblica è molto anti-israeliana”.

Dunque non è impensabile, secondo l’economista, “che in caso di allargamento del conflitto ci siano ritorsioni piu o meno esplicite sul petrolio e sul gas. Se questa situazione si prolunga, l’opinione pubblica araba può fare pressione sui governi per fare qualcosa: e una delle cose meno pericolose per un regime è agire sulle leve del gas e del petrolio, piuttosto che entrare in guerra”. Le tensioni di oggi, osserva Filistrucchi, si sommano a quelle derivanti dalla guerra in Ucraina. “Avevamo la sensazione che la situazione si fosse stabilizzata – spiega – e lo ha fatto, ma a un livello più alto di prezzi. Abbiamo diversificato, e non compriamo più direttamente gas dalla Russia: lo facciamo imdirettamente, e dunque compriamo a un prezzo più alto rispetto a due anni fa”.

Cosa accadrà dunque alle imprese? “Non è facilissimo da prevedere”, ammette l’accademico, ricordando che “negli ultimi anni, con la liberalizzazione del mercato dell’energia, alcune imprese private proponevano offerte con prezzi indicizzati a quelli sul mercato globale, quando il prezzo della materia prima era stabile. Tuttora, osservando i contratti di fornitura che venivano proposti fino all’estate dalle compagnie energetiche, vediamo che erano spesso contratti indicizzati, molti contratti che proponevano anche durante la crisi ucraina erano di questo tipo. Oggi è un problema: se continuano queste tensioni, con l’aumento dei costi dell’energia, dovrà intervenire il governo per fare qualcosa”.

Per quanto riguarda invece l’impatto sugli interscambi, e sulla domanda globale, secondo Filistrucchi l’impatto della crisi di Gaza non è immediato, ma può essere rilevante in prospettiva, perché “il problema è che questa guerra si situa in uno scenario di scontri commerciali tra Usa e Cina che risalgono a prima della guerra in Ucraina. Stiamo assistendo a un inizio di deglobalizzazione. Si è partiti con la tensione fra Cina e Usa, poi dopo la guerra in Ucraina la Russia è stata isolata e ha cominciato a commerciare con la Cina, ha guardato più a Oriente. Finche il mondo rimane globalizzato, è positivo per le imprese che hanno legami forti con la Cina: l’Italia, e la stessa Toscana, vi avevano anche delocalizzato produzioni. Il rischio è che si arrivi a dei blocchi”.

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Leonardo Testai

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