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04 settembre 2023

I costruttori: “Firenze ha paura del nuovo”

Storia o modernità? O tutte e due insieme? E’ l’interrogativo che si pone il presidente di Ance Firenze Pierluigi Banchetti.

Silvia Gigli

Sembrano due linee rette destinate a non incontrarsi mai. E le poche volte che collimano i risultati non sono proprio eccelsi. Firenze e la contemporaneità, un continuo gioco a rimpiattino, misto di paura e orgoglio, mai di lungimiranza. Almeno è questo ciò che sembra. Pensate alla pensilina dell’uscita degli Uffizi firmata nel 1998 dall’architetto Arata Isozaki. Se ne è parlato per oltre un ventennio senza realizzarla mai. Isozaki è morto lo scorso anno ma la sua pensilina, stravista in migliaia di rendering, sembra davvero essere lì, dove lui l’aveva pensata. Eppure non c’è. Al suo posto centinaia di turisti stravolti pronti a fiondarsi sulle schiacciate del vinaino più vicino.

Banchetti (Ance): “Le nostre città si nascondono dalle novità”

E’ questa Firenze un tempo capitale della cultura? E’ questo ciò che i cittadini desiderano veramente? Un centro storico soffocato e una periferia di fatto lasciata a se stessa o ai vari rami della tramvia? “La verità è che le nostre città, e qui ci metto dentro anche la Toscana, tranne rarissimi casi, si nascondono dalla contemporaneità – riflette Pierluigi Banchetti, presidente di Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Firenze -. Ho visto infiniti tentativi di modernizzazione che si spengono per mancanza di coraggio, non solo da parte della pubblica amministrazione ma anche della città. Si ha quasi l’impressione di essere prigionieri dell’eredità dei Medici”.

Eppure l’arte non ha mai impedito lo sviluppo di nessuna realtà. “Esatto – continua Banchetti -. Abbiamo esempi di capitali e città europee intrise d’arte che hanno avuto il coraggio e la visione di puntare sulla contemporaneità come baluardo verso il futuro. Qui non si parla di meri interventi di rigenerazione urbana ma di infrastrutture nuove, come quelle di Valencia e Nizza, di una vera e propria revisione di ciò che si intende per città d’arte e di storia”.

Timidezza e mancanza di coraggio politico

Viceversa, Firenze e la Toscana, dice chiaro e tondo Banchetti, “soffrono di timidezza. Al di là di alcune parentesi, si nota una mancanza di coraggio politico. Eppure in periferia, le iniziative se vogliono fioriscono. Penso alla Manifattura Tabacchi. Ha un’eterogeneità di proposte davvero interessante però è rimasta in sordina. Forse perché non si trova in centro o sui viali di circonvallazione. In un’altra città del mondo farebbe furore”.

Ma, viene da chiedersi, la responsabilità di chi è se l’unico vero progetto di recupero degno di questo nome è stato quello delle Murate firmato da Renzo Piano? Perché si è fatto di tutto affinché Jean Nouvel togliesse la firma al suo progetto in viale Belfiore per poi ritrovarsi al posto del suo immaginifico progetto degli anonimi edifici? “La responsabilità – dice Banchetti – è della classe politica ma anche di chi la influenza che non è né coraggioso né illuminato. Vorrei che ognuno di noi ma soprattutto chi ha l’onere e l’onore di decidere riflettesse su queste evidenti discrepanze. Chiunque arrivi a Firenze capisce che la città vive solo di centro storico. Eppure ci sono quartieri interessanti ma ogni intervento, come quello del museo di arte contemporanea alla ex Galileo, è rimasto incompiuto”. E vegeta tra le erbacce.

Parigi, Nizza, Valencia e la forza del nuovo

“Eppure quando si è voluto dare l’ok alla trasformazione di palazzi antichissimi in alberghi a 5 o 6 stelle nessun problema. Migliorare le periferie invece lo è. Pensiamo un attimo a Parigi, al Louvre e alla sua Piramide, all’Arco di Trionfo dal quale si intravede la moderna Defence: è l’enfasi della circolarità. E’ il segno di una città viva”. Torna in mente il progetto di Jean Nouvel: “Pensiamo al parco verde dentro l’aeroporto di Doha, avremmo potuto averlo anche noi e invece fuori dalla città c’è solo sconforto”. Parole dure, che però invitano ad una riflessione. Perché Firenze ha paura? Perché i suoi maggiorenti preferiscono la rendita all’investimento contemporaneo? Le risposte potremmo immaginarle ma sarà interessante sentirle da chi in questo mondo ci vive e progetta, magari all’estero, palazzi e infrastrutture che in riva all’Arno si possono solo sognare. Per ora.

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Silvia Gigli

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