Pericolo scampato: il consolato generale Usa di Firenze non chiuderà, come invece era stato annunciato nell’aprile scorso da Marco Rubio, a capo del Dipartimento di Stato americano, nell’ambito del piano di riorganizzazione degli uffici. Quel piano doveva portare alla chiusura di diverse ambasciate e sedi diplomatiche nel mondo tra cui, appunto, il consolato americano di Firenze che ha sede nello storico Palazzo Calcagnini (di proprietà del governo Usa) sul lungarno Vespucci, ha competenza su Toscana e Emilia Romagna (eccetto Parma e Piacenza) ed è guidato dalla console Daniela Ballard.
L’ambasciatore ha parlato con Trump
Ora però il Governo Usa sembra aver fatto retromarcia. L’ambasciatore americano in Italia, Tilman Fertitta, durante i festeggiamenti a Roma per l’Independence Day, ha detto in un passaggio del suo discorso: “Più di 40.000 studenti statunitensi scelgono l’Italia come destinazione: molti di questi vanno a Firenze e il consolato generale di Firenze continuerà a supportarli per molti altri anni ancora”. Aggiungendo di aver “parlato col presidente Trump e con l’amministrazione di quanto sia importante mantenere operativo l’ufficio del consolato generale a Firenze”.
Burocrazia e costi frenano l’efficienza
Istituito nel 1819, e dunque con una storia lunga più di due secoli, il consolato generale degli Stati Uniti di Firenze – che conta 18 dipendenti italiani e tre diplomatici americani – è il più piccolo della Missione diplomatica degli Stati Uniti in Italia, che comprende l’Ambasciata americana a Roma e i consolati generali di Milano e di Napoli. I motivi alla base dell’annunciata chiusura (che avrebbe dovuto coinvolgere 132 uffici nel mondo) erano la burocrazia dilagante e i costi saliti alle stelle per avere una diplomazia meno efficace e meno efficiente.
Silvia Pieraccini