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03 aprile 2024

La nuova stretta sul Superbonus fa tremare mille condomini in Toscana

Cosa cambia con lo stop alla cessione del credito (e allo sconto in fattura) per chi non ha ancora pagato almeno in parte i lavori.

Leonardo Testai

Più di mille condomini in tutta la Toscana rischiano di essere colpiti dalle nuove disposizioni del decreto 39/2024, bloccando la possibilità di cessione del credito per i contribuenti che, pur avendo avviato le pratiche del Superbonus con questa possibilità, non hanno ancora avviato (e pagato almeno in parte) i lavori. Una norma fortemente voluta dal Mef, che cerca di limitare il deficit pubblico in vista del ritorno ai parametri del Patto di Stabilità: ma da alcuni settori della stessa maggioranza di governo è stata avanzata la richiesta di una revisione del testo in Parlamento, al momento della conversione.

Chi rischia di più col nuovo decreto

I lavori più colpiti, in linea di principio, saranno quelli ancora nelle fasi di avvio. Nel complesso, i dati Enea aggiornati a fine febbraio 2024 evidenziano come in Toscana siano 7.185 gli edifici condominiali che hanno fatto ricorso all’agevolazione del Superbonus – un migliaio in più rispetto a fine 2023 -, con una quota di lavori realizzati pari al 92,4%, in netto progresso rispetto all’85,9% di fine anno scorso. Peraltro, in base alla rimodulazione decisa a fine 2023, nel 2024 la quota oggetto di rimborso del Superbonus dal 110% originario è scesa al 70%, e nel 2025 – ultimo anno in cui l’agevolazione è prevista – al 65% dell’investimento.

Lo stop retroattivo del decreto rischia di creare gravi difficoltà a chi ha approvato delibere condominiali per partire con le ristrutturazioni negli ultimi mesi: a meno che, oltre a un eventuale acconto per l’impresa, non abbia già pagato una quota dei lavori già realizzati. Non potendo infatti usufruire della possibilità di cessione del credito, e dunque dello sconto in fattura, saltano i piani finanziari che le contemplavano, e sulla base dei quali sono state approvate le delibere stesse: i proprietari sarebbero costretti dunque a mettere di tasca propria i soldi necessari a far avanzare le opere, nell’attesa del recupero in dichiarazione dei redditi. Col rischio che gli incapienti totali, e i contribuenti con un’imposta lorda comunque più bassa rispetto alla rata annuale del credito maturato, non riescano a fruire della detrazione Irpef. E col rischio di uno stallo – anche sine die – dei cantieri, nel caso in cui i soldi per far avanzare le opere non ci siano proprio.

Professionisti in allarme: “Bisogna trovare soluzioni”

Le preoccupazioni per la nuova stretta al Superbonus, ovviamente, vanno ben oltre la dimensione toscana. “Cittadini e imprese – afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano Di Nuccio -, anche per interventi già avviati, magari già ultimati, per i quali hanno fatto legittimo affidamento sulla possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura, non potranno accedere a tali opzioni in assenza di spese sostenute e documentate da fattura alla data del 29 marzo 2024. E ulteriormente paradossale appare la situazione nella quale le fatture siano già state emesse a quest’ultima data, ma non siano state ancora pagate dai beneficiari delle detrazioni. Anche in tale caso, pur comprendendo le ragioni sottostanti al provvedimento, tese a ‘bloccare’ le operazioni per le quali altro non è stato posto in essere che la presentazione del titolo edilizio, appare necessario salvaguardare coloro che gli interventi li hanno effettivamente iniziati o, addirittura, ultimati”.

Forte preoccupazione per il nuovo intervento retroattivo sul Superbonus è stata espressa anche da Francesco Burrelli, presidente di Anaci (Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari), che in Toscana conta centinaia di iscritti: “Chi vive oggi nei condomini sono oltre il 70% dei cittadini italiani, circa quaranta milioni di cittadini che in molti casi hanno un reddito sociale e non possono sgravare nulla”, lamenta Burrelli, evidenziando che “tutta la filiera è in fermento per questo blocco totale che penalizza condomini, amministratori, e tutti i professionisti collegati alla filiera della casa: soprattutto gli amministratori sono chiamati a trovare delle soluzioni in breve tempo, a mettere una pezza a questo provvedimento”.

Lo spettro dei contenziosi con le imprese (a meno che…)

“In uno dei condomini che amministro io, a Firenze, rischia di saltare l’operazione”, rivela Alessandro Ferrari, presidente di Confartamministratori, l’associazione degli amministratori di condominio nata in seno a Confartigianato Firenze. “La parte di chi riusciva ancora a fruire della cessione del credito – osserva – in realtà è marginale, le banche si sono fermate già da un anno. Il vero problema è per gli incapienti, che non hanno possibilità di recupero fiscale. Se il condominio ha deliberato i lavori con la cessione del credito, e la cessione non avviene più, allora la delibera può essere revocata, o il condomino può modificare la sua intenzione di voto”.

In tal caso non è escluso neanche il rischio di aprire un contenzioso con l’impresa per inadempienza contrattuale. A meno che l’eventualità non sia già stata contemplata. Il contenzioso infatti è possibile “se il contratto non ha previsto una clausola per la rescissione in caso di novità fiscali – sottolinea Ferrari -, cosa che un po’ tutti noi amministratori in realtà abbiamo previsto alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni. Già il governo Draghi aveva fatto 23 interventi retroattivi… alcuni provvedimenti governativi non fanno bene alla serietà del Paese e alla fiducia del contribuente, a scuola ci insegnavano che le leggi non erano mai retroattive, e invece…”.

Tanti vecchi crediti ancora in pancia alle aziende

“Sulle cifre cerchiamo di andare cauti, ma i condomini a rischio sono un numero abbastanza elevato”, ammette Rossano Massai, presidente di Ance Toscana, secondo cui il Dl 39/2023 introduce “l’ennesima modifica fatta in corso d’opera che metterà in crisi tante imprese, condomini e famiglie: si rimane in mezzo al guado, e non si sa come procedere. Tante imprese hanno ancora crediti nei loro cassetti fiscali, e non sono state in grado di recuperarli tutti”. Per Massai “dovremmo guardare verso la transizione ecologica, le case green, mettendo in campo una normativa per un futuro sostenibile: ma queste azioni fatte negi ultimi tempi tolgono la fiducia alle imprese e alle famiglie, tutti hanno paura che mettere in campo un’operazione per sistemare il proprio fabbricato diventi un’avventura che non si sa come va a finire. Così viene meno la fiducia nella politica”.

Già, perché nel frattempo il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulle case green, in una versione più soft e gradualista rispetto alla prima stesura: scompare l’obbligo di adeguare i singoli edifici come era previsto dal vecchio testo della direttiva Ue e le caldaie a gas non scompariranno subito. Soprattutto, gli obiettivi da raggiungere saranno misurati a partire dal 2020, ragione per cui tutti gli interventi del Superbonus – in Toscana e in Italia – saranno contati ai fini dell’avanzamento verso la meta. “Ma non è perché ce lo chiede l’Europa, sono le famiglie che vogliono avere centri abitati più salubri, con meno emissioni, e più decoro nel loro quartiere”, aggiunge Massai, che torna a chiedere “un tavolo col governo e le imprese per avere una visione a 15-20 anni, con una programmazione per arrivare ai risultati che dobbiamo raggiungere”.

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Leonardo Testai

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