Il segretario generale della Cgil Toscana Rossano Rossi.
Nel dibattito aperto dalla presentazione, all’Istituto Universitario Europeo, del manifesto “Reindustrializzare la Toscana” scritto da Marco Buti, insieme a Stefano Casini Benvenuti e Alessandro Petretto interviene Rossano Rossi, segretario toscano della Cgil con questo intervento che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
di Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana
La Toscana corre il fondato rischio di perdere irreversibilmente la propria base manifatturiera, fatta di industria, distretti ed artigianato.
Un modello basato quasi esclusivamente su esportazioni e bassi salari non è più praticabile e sostenibile. In tal senso si rende necessario stabilire rapporti solidi e duraturi – sia per le materie prime che i prodotti e i servizi finali – anche con i paesi del mondo multipolare in fase di definitivo consolidamento, dalla Cina ai Brics. In questa ottica, una soluzione diplomatica per il conflitto in Ucraina e lo stop al massacro in Palestina, oltre a sostenere le sacrosante e prioritarie ragioni della pace e della salvaguardia della vita umana, sono la precondizione per la riduzione delle spese militari, il sostegno allo stato sociale e gli investimenti nel manifatturiero (esclusa la produzione di armi).
È fondamentale poi rilanciare i consumi interni rinnovando i contratti e aumentando i salari per recuperare potere d’acquisto. La Toscana non deve sprofondare nella terziarizzazione debole e nel dominio della rendita. Bisogna recuperare il valore sociale dal lavoro industriale e manifatturiero, e occorre contrastare e colpire la rendita immobiliare e finanziaria per orientare investimenti e scelte e per reperire risorse: un patto contro la deindustrializzazione ambizioso e credibile si sostanzia in un patto contro la rendita.
A livello regionale possono essere fatte scelte che vanno nella giusta direzione, come Cgil Toscana lo diciamo e lo sosteniamo da tempo. Intanto, le risorse vanno indirizzate selettivamente per settore, territorio e imprese che reinvestano i profitti in investimenti produttivi e salari, e non in dividendi e investimenti finanziari. Inoltre, la rete infrastrutturale: quella attuale in Toscana non serve il tessuto produttivo della regione ma permette gli attraversamenti funzionali ad altri sistemi economici, scaricando su questo territorio solo le esternalità negative. Su questo fronte, occorre intervenire per penalizzare gli attraversamenti e premiare e facilitare quello che in Toscana arriva e si ferma. Parallelamente, conferiamo valore e significato alla realizzazione del Consorzio per la reindustrializzazione che ha visto assieme Comuni della Piana e Regione Toscana. In aggiunta, la ripresa e il rilancio dell’ex-Fidi Toscana in direzione di una nuova IRI capace di sostenere le scelte di reindustrializzazione sarebbero uno strumento importante nella giusta direzione.
Schematizzando la ricetta Cgil: lotta alla rendita, infrastrutture funzionali al nostro territorio, creazione di buona occupazione in quantità e qualità. Sindacato e organizzazioni datoriali, a partire da Confindustria Toscana, in questi anni hanno lanciato varie idee e proposte per combattere la deindustrializzazione, ed è un bene che si aprano dibattiti pubblici sul tema, come avvenuto in questi giorni sulla scia della presentazione del documento “Reindustrializzare la Toscana” redatto da Marco Buti, Stefano Casini Benvenuti e Alessandro Petretto. Ovviamente per noi è fondamentale che ogni discussione coinvolga i diretti interessati, cioè lavoratori, lavoratrici e chi li rappresenta.
Ora urge passare dalle parole ai fatti, serviranno risposte sia a livello regionale che nazionale, perché il tempo sta davvero scadendo.